La Via Bibulca è storia! " Se i sassi potessero parlare ", cosa ci racconterebbero? Quante cose hanno visto? Chi hanno visto?
Nacque come una via di fiume quando gli unici passaggi consentiti dall'ambiente erano i loro letti. Poi con l'antropizzazione del territorio, questo tratto, che di fatto svalicava il crinale appenninico unendo la pianura con l'alto Tirreno, si è "evoluto", seguendo le vicende degli uomini e diventando una strada "ad area", cioè caratterizzata da un fascio di sentieri che si uniformava agli eventi naturali che capitavano al territorio. Fu usata dai popoli celti, i Liguri-Friniati, come sentiero di transumanza e di commercio ,sia con la parte tirrenica che con quella continentale, e con quest'ultima tessevano i loro rapporti con i Galli di etnia Boi (coloro che lasciarono l'impronta fonetica in Emilia) evidentemente così importanti da creare il più importante mercato dell'epoca panitalica dell' Italia settentrionale:i Campi Macri. Con la colonizzazione romana il mercato divenne una fiera così importante, da attirare compratori da tutto l'impero. Secondo Cicerone erano tre le strade che da Roma portavano a Modena; una di queste partiva dalla Cassia-Clodia, saliva la valle del Serchio per svalicare alle "terme Salonis" (la futura San Pellegrino in Alpe) e scendere a Modena tramite le valli del Dragone, del Dolo e del Secchia. Inoltre la dicitura "Salonis" pare sia legata ad un membro di una commissione istituita dal governo romano, il cui compito era quello di suddividere i territori confiscati ai Liguri-Friniati e distribuirli ai coloni. In epoca altomedievale la futura via Bibulca fu una diramazione della via Francigena, ma non attraverso la val Secchia, bensi nella sua decliazione verso Reggio: tratto che verrà ricordato come "la via Reale". Si perchè nella sua lunga e articolata vita la via Bibulca è suddivibile nei seguenti tratti: da Lucca al passo del Lagadello era la "via imperiale"; dal passo del Lagadello a Ponte Cornilio era la via Bibulca soggetta al pagamento di un pedaggio e larga abbastanza da contenere il passaggio di due buoi affiancati; da ponte Cornilio a Guiliga ,vi era un piccolo sentiero chiamato "la strada". Da Guiliga partivano due strade. la via Reale, verso Reggio e la via del Secchia verso Modena. La prima fu la principale via d'accesso alla Bibulca prima della morte di Matilde, la seconda lo divenne fondamentalmente dopo questo evento per volontà del comune di Modena di controllare la strada e per commerciare con la ricca città di Lucca. Per sineddoche chiamerò via Bibulca tutto il tratto anche perchè esistono libri e documenti che attestano il controllo della strada ad enti più a valle. Alla caduta dell'impero di Roma, subentrarono i Bizantini come occupanti dell'area di nostro interesse. Dopo due secoli scesero dal nord della Germania i Longobardi i quali conquistarono la pianura e il nord del Tirreno obbligando i Bizantini a trincerarsi in Appennino con il solo scopo di difendere il porto di Luni. Questi costruirono quattro possenti campi trincerati chiamati "Castrum" supportati da le "Vaglie". I Longobardi, dal canto loro, contrapposero delle postazioni dette "Arimannie" e dopo 130 anni, vinsero la lotta collegando i loro territori e aprendo anche la strada di collegamento. La via Bibulca fu calcata da moltissimi pellegrini diretti ai luoghi di pellegrinaggio, e a Lucca vi era il Volto Santo, una reliquia tra le tante visitate dei credenti. Per supportare tutti questi viaggiatori, nacquero gli ospizi medievali e la via Bibulca non ne era senza: A Pescale, Saltino, Guiligua, Frassinoro, San Pellegrino in Alpe, Monteperpoli, Gallicano e Diecimo. Poi arrivò il 1071, quando la madre di Matilde, Beatrice di Lorena, fondò il monastero benedettino a Frassinoro facendo spostare l'ospitale medievale a San Geminiano, dove rimase fino alla sua estinzione. Le enormi donazioni ne fecero una potente istituzione tra cui gli obblighi di manutenzione sulla via Bibulca e il diritto di riscuoterne il pedaggio, che pare essere stato di dodici denari imperiali per ogni giusto carico su animale. Ma Matilde muore senza eredi, e il comune di Modena inizia ad allargare le sue mire sulla via Bibulca ingaggiando una lotta durata piu' di due secoli dove, a varie riprese, l'abate scese a cavallo fino in città per giurare fedeltà al comune. La Bibulca però, passa molti decenni senza manutenzione e questa condizione arriva fino al XV secolo, quando Ludovico Ariosto, viene inviato in Garfagnana per conto degli Este per governare la regione. La sua recensione sulle condizioni della strada fu pessima, e passa alla storia il suo commento come: "La strada Iniqua". Nel 1731 si sigla l'accordo matrimoniale tra il figlio del Duca di Modena e la figlia del Duca di Massa. Francesco III d'Este vuole la costruzione di una nuova strada Ducale che unisca le due città. Convoca l'abate matematico Domenico Vandelli e questi sonda il territorio preferendo seguire i tracciato dell'antica via Bibulca. Creò un guado sul fiume Secchia verso Castellarano, per proseguire sulla sponda reggiana fino a Lugo di Baiso per poi guadare nuovamente il fiume, e ripassare nel modenese: tuttora a Lugo esiste la località di "Cà del barcaiolo" . Dopodichè rimase interamente su Saltino e Monchio per salire a Montefiorino attraverso Montestefano. Nella toponomastica attuale esiste la lunga via Ducale che parte dal centro del paese di Saltino fino al Mogno di Monchio, e un'altra via Ducale esce da Casa Giannasi a Frassinoro. Ma la storia è andata diversamente e il Vandelli preferì seguire il tracciato che tutti conosciamo. A onor del vero esistono due versioni : la prima estrapolata dal testo di Ferruccio Cosci, la quale dice che la Bibulca fu sistemata alla buona solo per terminare la via Ducale giusta che diverrà poi la Vandelli, la seconda che conferma come scelta principale la Bibulca, che a causa delle frane, verrà abbandonata in favore del passaggio più ad est. Nonostante l'aumento del pedaggio la via Bibulca non fu abbandonata a causa della nuova via Ducale/Vandelli, ma dall'arrivo della nuova, internazionale e moderna via Giardini.